
Arrivata dall’Italia per mano dei Galli nel V-IV secolo a.C., la vite si stabilì in modo più strutturato in Borgogna intorno al 50 d.C. Anche in questa regione l’impronta della cultura romana sullo sviluppo della viticoltura è risultata decisiva, ma con il crollo dell’Impero nel 476 furono i Burgundi, originari dei paesi scandinavi, a stabilirsi in questa zona e a dotarsi di leggi con numerosi riferimenti alla coltivazione della vite, dando continuità a quanto fatto nei tempi precedenti.
Seguirono i secoli del vino delle abbazie e dei monasteri: fu proprio grazie agli ordini religiosi che si concretizzò la conoscenza parcellare del terroir borgognone, oggi chiave imprescindibile del prestigio di questa regione. Come scrivono Camillo Favaro e Giampaolo Gravina nel loro libro Vini e terre di Borgogna, «la natura e la qualità del vino derivano qui più che altrove dal singolo appezzamento di terra e la Côte d’Or diventa presto un mosaico di piccoli tasselli dove ogni parcella vitata, ogni climat rivendica la propria identità, gettando le basi per le future appellations». Fu però la Rivoluzione francese a determinare un consistente riassetto delle proprietà, con la confisca dei beni agli enti ecclesiastici e la loro redistribuzione, che avvantaggiò i nuovi ricchi borghesi a scapito dei vigneron, che perlopiù rimasero mezzadri.
Infine, dopo la pubblicazione di alcune opere a inizio Ottocento che inquadravano in una prospettiva gerarchica la distinzione tra i vari cru, tra il 1855 e il 1861 nacque la classificazione vera e propria dei singoli climat, sancita infine dal Comité d’Agriculture de Beaune. Da allora, con la drammatica parentesi della fillossera, il sistema-vino borgognone ha conosciuto uno sviluppo qualitativo e di prestigio senza eguali nel mondo, concentrato perlopiù nella Côte d’Or.